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Recensioni / Reviews
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"Eden" - Mauro Grossi
Jazzit maggio/giugno 2013 pagg. 126 e 127 (intevista con foto e recensione)

di Sergio Pasquandrea

Le sedici tracce di "Eden" sono altrettante variazioni su Nature Boy. C'è una versione be bop, una che omaggia Lennie Tristano, una a tempo di ballad. E ancora: un arrangiamento kletzmer, uno in stile valse musette francese, una à la Stevie Wonder, uno per quartetto d'archi, uno con tre tracce di celesta sovrincise sul pianoforte. Ma non è finita: perchè il tema del celebre brano viene scomposto, aumentato, diminuito, frammentato, riarmonizzato, il suo testo viene espanso da versi aggiuntivi composti per l'occasione da Claudia Tellini. La voce di Eden Ahbez è inserita in The Call, Alex der Yossem si ispira alle sue origini ebraiche, La Pluie è una fantasia ispirata alla sua vita di eremita. Insomma "Eden" è più che un semplice tema con variazioni: è piuttosto una complessa riflessione musicale e filosofica, che si basa sulla stretta integrazione fra il progetto compositivo di Grossi e i contributi degli ottimi musicisti che fanno parte dell'ensemble.
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"Eden" - Mauro Grossi
The Mellophonium - 18 marzo 2013

di Adriano Ghirardo

La fazione di appassionati jazz che teorizza l’esaurimento del significato dello “standard tune” dovrebbe ascoltare questo riuscito lavoro di Mauro Grossi. Infatti il cinquantatreenne pianista livornese dimostra la quantità di spunti che un musicista sensibile possa acquisire da uno standard dedicandosi al brano “Nature boy” ed al suo compositore Eden Ahbez. La figura del bohemien che viveva in un camper nella California degli anni 40 ed il destino beffardo della sua vita basterebbe, da sola, a diventare la trama di un film hollywoodiano. Grossi, coadiuvato da una formazione di lusso costituita da Nico Gori al clarinetto, Andrea Dulbecco al vibrafono, Ares Tavolazzi e Walter Paoli alla ritmica, parte dall’esecuzione canonica del pezzo per poi esercitarsi in numerose variazioni, estrapolazioni tematiche e riscritture di vario tipo. In questa maniera si viaggia dal bop al klezmer, da Tristano alle atmosfere parigine, dal pop sofisticato (quando entra in campo la voce di Claudia Tellini) sino ad alcune melodie vicine al Quartet West di Charlie Haden. Il risultato è quello di un disco estremamente vario ed interessante che, nonostante la programmaticità dell’assunto iniziale, dimostra la godibilità e la buona salute del miglior jazz italiano grazie ad un bell’equilibrio fra scrittura ed improvvisazione.

http://www.mellophonium.it/online/index.php?option=com_content&task=view&id=968&Itemid=62
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"Eden" - Mauro Grossi
A Proposito di Jazz

di Gerlando Gatto

Mauro Grossi appartiene a quella, ahimè, vasta schiera di jazzisti che meriterebbero più vasti e probanti apprezzamenti piuttosto che l’essere ricordato  semplicemente come “maestro di Stefano Bollani”. Così questo album spicca per l’intelligenza e la compiutezza dell’idea che viene sviluppata con coerenza  dalla prima all’ultima nota. L’album si basa sulla continua rielaborazione di un solo celeberrimo standard, “Nature boy”, un pezzo dedicato alle molteplici  valenze dell’amare e dell’essere amato, composto da Eden Ahbez (detto Ahbe) e portato al successo da Nat King Cole. Il senso dell’operazione è spiegato dallo  stesso Grossi: “Questo disco - afferma il musicista livornese - è un genuino ‘concept album’ con trama e motivazioni ed è anche uno dei più lunghi atti  musicali d’amore di cui abbia notizia e mai avrei creduto di fare: il mio amore per un brano che celebra l’amore, intendendo ‘tolleranza e rispetto’ come  valori primari. Per questo motivo ogni brano, appartenendo ad uno stile diverso, dà un suo apporto specifico, ma soprattutto trae senso e vantaggi  dall’accostamento agli altri. Infatti, benché tutti originali, i brani hanno un’unica radice, della quale sono variazioni sempre più evolute ed emancipate.  Proprio come esseri umani”. E mai illustrazione fu più chiara. Partendo dal brano originario, Mauro Grossi ha composto una serie di pezzi che si basano da un  canto su variazioni di “Nature boy”, dall’altro su variazioni stilistiche che rendono godibile e affascinante l’intero album. Così, ad esempio, “Lennie Boy”  è strutturato come un omaggio a Tristano e grande spazio viene lasciato al contrabbasso di Ares Tavolazzi; nel brevissimo bozzetto “The Call” si ascolta la  voce originale di Ahbe… e via di questo passo attraverso un percorso contrassegnato da sentiti omaggi che spiegano ancor meglio il perché della relativa  specifica composizione. Ben affiatato il gruppo composto da Claudia Tellini (voce), Nico Gori (clarinetto, clarinetto basso, sax soprano), Andrea Dulbecco  (vibrafono), il già citato Ares Tavolazzi (contrabbasso) e Walter Paoli (batteria, percussioni). Ma, anche dal punto di vista esecutivo, l’attenzione è  attratta maggiormente dal leader: Mauro si dimostra, ancora una volta, pianista eccellente, di grande originalità, dotato di un tocco ora soave ora  percussivo sempre comunque in perfetta coerenza con l’atmosfera che intende disegnare e di un fraseggio brillante sia nelle parti scritte sia in quelle  improvvisate.

http://www.online-jazz.net/wp/2012/10/05/i-nostri-cd-60/8/
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"Eden" - Mauro Grossi
Jazz Convention Mercoledì 21 Agosto 2013

di Nicola Barin   

La magnifica ossessione, questo potrebbe essere il sottotitolo, mutuato da un famoso melodramma del regista Douglas Sirk, di Eden, l'ultimo lavoro di Mauro Grossi , uscito da poco per l'etichetta lombarda Abeat Records. Si tratta di un vero e proprio concept album, cosa ormai rara nel mondo musicale. L'ossessione di partenza è la canzone Nature Boy scritta da Eden Ahbez per Nat King Cole. Come ricorda il compositore livornese, il "tarlo" di questo brano inizio a radicarsi in lui fino a far esplodere la voglia di dedicargli un intero album.
Nature Boy si instaura nell'immaginario musicale mondiale in brevissimo tempo e lo testimoniano gli innumerevoli reinterpretazioni: Sarah Vaughan, Frank Sinatra, Miles Davis, Marvin Gaye, John Coltrane, David Bowie solo per citarne alcuni.  La mano ferma del compositore si sente, la scrittura si instaura creando tessiture potenti e ed equilibrate e la complessità  armonica si fa notare: è un viaggio nella vita di Ahbez, hippy ante litteram, capace di stupire per il suo stile di vita. Eden sprigiona gioia da ogni traccia, siamo dalle parti di un jazz cameristico che usa toni morbidi molto controllati ma che è aperto a suggestioni e citazioni. Sono presenti rimandi alla musica classica, klezmer e pop. Si parte con Nature Boy in cui Claudia Tellini alla voce ripercorre il tema che poi verrà  sviluppato in seguito in tutte le sue varianti. Grossi si sofferma, nelle note di copertina, in maniera esauriente su ogni singola traccia e ne analizza il contenuto. Scopriamo cosi come La Pluie è un piccola invenzione su  «...come si potesse vivere accampati sotto la prima "L" della scritta Hollywood che sovrasta la città  di Los Angeles: proprio li era casa di Ahbez. »
Si passa da momenti di hard bop ad accenni soul come nella splendida While My time in Running Through in cui la Tellini alla voce risplende gioiosamente. Ricordiamo anche Lennie Boy, in cui si apprezza Ares Tavolazzi che "canta" il suo assolo di contrabbasso e Supernatural Kid in cui la gioia di Grossi al piano è manifesta e palpabile.
Il disco si chiude con Nature Boy Quartet, versione del brano firmata da un quartetto d'archi e summa, a mio avviso, di tutto il lavoro. Come ricorda un famoso filosofo  «...quando tratto di un autore... vorrei evitare la doppia ignominia dell'erudizione e della familiarità . Restituire a un autore un po' di quella gioia, di quella forza... e di amore che lui ha saputo donare, inventare.» Grossi sembra aver fatto sue queste parole, consigliamo l'album a chi si approccia per la prima volta al jazz per il suo carattere aperto e sincretico.

http://www.jazzconvention.net/index.php?option=com_content&view=article&id=1679:mauro-grossi-eden&catid=2:recensioni&Itemid=11
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ARS 3 - «Promemoria»
Abeat AB JZ 079, distr. Ird
Musica Jazz anno 66° n. 8 (717), agosto 2010 pag. 60

di Gian Mario Maletto

Non soltanto per l'elevata qualità jazzistica merita stima l'impegno profuso dai musicisti del trio nel nuovo disco (dopo l'eccellente esordio del 2006: «Distanze», su Music Center). Il livornese Grossi e i suoi due solidi «ritmi» lombardi gli hanno dato la forma, quasi, d'un manifesto politico-artistico sulla pace. C'è accurata drammaturgia: ad hoc il repertorio (da Morandi a Pete Seeger, da Rodari, appunto con Promemoria, all'irlandese O'Riordan), buono l'uso di inserti registrati, sia storici (dall'inno We Shall Overcome a Joan Baez, e al Boris Vian del disertore che scrive a monsieur le President) sia raccolti sul campo (tra i bambini soldato), convinti gli interventi degli ospiti Testa e (toccante su Peace di Horace Silver) Sheila Jordan.E tutto la musica collega e sviluppa, con Grossi che si conferma tra i pianisti di punta del jazz italiano e con la continua prova di rigore e intelligenza offerta da Zanchi e Castiglioni.
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ARS 3 - «Promemoria»
Abeat AB JZ 079, distr. Ird
IL TIRRENO 30 maggio 2010 - pagina 24 sezione: Spettacolo

di Afo Sartori

Torna l’Ars 3 per l’atteso secondo disco, “Promemoria”, dopo lo stupore che ci colse con il lavoro d’esordio: “Distanze”. Sembrava una meteora che arde e cade nel concavo cielo, come si espresse, per altri versi, il poeta dei “cipressetti miei” e invece sono tornati con la propria intelligenza collettiva, la propria sensibilità, le proprie geometrie e armonie. Colpisce, inoltre, quel particolare retrogusto di malinconia che si assapora quando grandi jazzman decidono di non sottostare alla dittatura dello swing, ma gli preferiscono il sound, i colori, le atmosfere, i moods. “Promemoria” non è soltanto un gran bel disco di grande jazz inciso con l’occhio e l’orecchio ai grandi trio che hanno fatto la storia dell’afroamericana, ma appare altresì un’accorata riflessione etica sul mondo che ci circonda: l’agghiacciante foto della copertina dei soldati bambino dell’Africa la dice lunga: è una presa di posizione contro il militarismo, piaga dell’umanità. Un ricordo degli anni ’60 e ’70, un omaggio delicato ad alcuni protagonisti di quella stagione nella quale sembrava che tutto dovesse cambiare. Il disco offre all’ascoltatore molte riletture jazzistiche dei classici della canzone cosidetta engagè ed utilizza materiali di Bob Dylan, di Joan Baez che formavano la colonna sonora delle grandi marce contro la guerra del Vietnam. In alcune tracce intervengono ospiti come la grande Sheila Jordan e la voce rasposa di Gianmaria Testa. Operazioni del genere possono comportare parecchi rischi: quelli della declamazione e della retorica prima di tutto, ma possiamo ben dire che i tre musicisti non cadono nella trappola. Anima del disco appare invece una sottile malinconia, una speranza disincantata ma tenace, tipica di tanti che erano giovani in quegli anni.
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ARS3 - Estratti dalle recensioni al cd “Distanze”

Fin dalle prime note, la musica del trio conquista l’interesse dell’ascoltatore. Per il suo mostrarsi, con pudicizia, nella sua intima essenza, quella malinconica e ricca di sentimenti, quella esuberante e ludica, o quella dei ricordi e delle tradizioni…In questo modo l’eterogeneità del repertorio si trasforma in manifesto programmatico… Come a dire non importa quale sia la fonte d’ispirazione ma come la si recepisce. Disco ricco di suggestioni, Distanze testimonia il felice incontro di tre  musicisti curiosi ed in perfetta osmosi artistica.
- Vincenzo Roggero - All About Jazz 

Il disco è una miniera d’emozioni che si fanno più mature appena lo scorrere delle note dipinge un quadro musicale impressionistico….I tre grandi musicisti non vengono mai ingabbiati da regole fisse ed arcaiche, suonano in piena libertà, prova ne sia che hanno optato per l’improvvisazione simultanea e collettiva.
- Afo Sartori - Il Tirreno

Uno straordinario momento d’incontro per tre musicisti italiani, che coniugano brani ereditati dalle più disparate tradizioni culturali popolari…Per concludere, bisogna sottolineare la strepitosa “La Yadumu Ecterabi”, un brano palestinese, reso con un’energia, un vigore, un rispetto e un’amore per la musica senza precedenti. Anche da sola, varrebbe un disco intero.
- Diego D’Angelo - Jazz Convention

Promette molto e largamente mantiene questa nuova uscita di Mauro Grossi che si dedica all’esplorazione delle possibilità del trio. Accanto al suo solismo denso e vivace..la misura di Castiglioni e il contrabbasso di Zanchi che non accompagna ma sostiene, spinge, incalza, canta e provoca….Guardate attraverso la lente del gruppo, le distanze tra il tema be bop di  Jazz Folk e lo swing molle di On a Turquoise Cloud, la solennità marziale del canto tradizionale palestinese e la magnifica levità di Debussy diventano brevi e i brani si fondono in un unico ed elegante tributo al moderno trio.
- Valentino Casali - Jazz It

Un album ricco e pieno di sfumature dove non ci sono poche idee dipanate a formare un assieme con pochi alti e molti riempitivi, ma, al contrario, l’eterogeneità e  l’inventiva rischiano quasi di disorientare. “Whiter shade of pale” dei Procol Harum è intensa e commovente, la celeberrima melodia centellinata in poche  note deserte; la debussiana “La fille aux cheveux de lin” riesce ad essere lirica ed evocativa senza le pretese colte  di molte uscite Jarrettiane.  Notevolissimo il tradizionale palestinese “La Yadumu Ecterabi”, un crescendo di emozioni.
- Romualdo Paino  - Mescalina

Senza soffermarsi sui singoli brani, sembra però giusto  porre in evidenza la straordinaria fluenza del discorso musicale di questo trio: agili sono le intersezioni  strumentali, dove basso e batteria, più che "accompagnare" la voce solistica del piano, dialogano con questo  stimolandolo ritmicamente, caratterizzando l'insieme sonoro con un intreccio solido e bene amalgamato. Emerge con forza la compattezza del sound e l'intesa tra questi ottimi musicisti... Un trio che in questo disco, "Distanze", dimostra un altissimo grado di maturità conferendo al proprio linguaggio  un sapore attuale che riesce contemporaneamente a riflettere colori e sfumature del passato. I soli strumentali  non sono mai gli unici protagonisti - come quello, bellissimo, del pianoforte, in Rusignol - incorniciati da un  partecipazione più che mai viva degli altri strumenti.  Musica che va al di là degli steccati stilistici per abbracciare una concezione "totale" in cui tutto è lecito, pur  che sia ispirato dal cuore.
- Marco De Masi - Jazzitalia

E’ il primo lavoro di questo trio dall’ottima intesa.. emergono emozioni , spontaneità ed immediatezza, scioltezza ed armonia.
- Alberto Cima - Jazz Magazine

Questo bell’album è firmato da Marco Castiglioni, Mauro Grossi e Attilio Zanchi si fa ascoltare dal primo all’ultimo secondo grazie ad almeno due elementi facili da enucleare. la straordinaria bravura dei singoli e la felice scelta del repertorio … una vera e propria perla costituita dalla riproposizione in chiave jazzistica de “La Fille aux Cheveux de Lin” di Claude Debussy. La delicatezza e la pertinenza con cui i tre affrontano questo brano sono assolutamente straordinarie: il preludio di Debussy non ne soffre minimamente e si conferma ancora una volta la tesi secondo cui non ci sono barriere che possano dividere la BUONA MUSICA.
- Gerlando Gatto - On Line news

Da Debussy, a Ellington, un mare di eterea musicalità bagna la superficie delle emozioni, inonda la melodia, distesa nella disarmante dolcezza delle forme, e si ritrae nel tumulto percussivo di una vigorosa trama ritmica che costruisce una musica coinvolgente. Ogni impulso all'improvvisazione accresce la loro creatività per interessanti escursioni nel mondo della musica  tradizionale, ed il risultato è un inaspettato contatto con il suono impregnato di memoria, di terra e di cielo, di ebbrezza e di dolore, è un’immersione nel potere evocativo della musica, sconvolgente linea espressionistica tra il gioco delle dinamiche e la sintassi percussiva, risolta egregiamente in “La yadumu ecterabi”… Il mondo sommerso dentro noi stessi è un orizzonte tra la vita intuita e la vita vissuta, i colori del jazz interpretati dal trio Castiglioni, Grossi, Zanchi, ne trascrivano la bellezza nell’ordine sparso di distante impercettibili.
- Antonella Iozzo - Bluarte
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Colori
Mauro Grossi | Philology - distr. IRD (2008)
Musica Jazz - agosto/settembre 2008 n° 694 - recensioni, pag 62

Di Gian Mario Maletto

Ha già inciso solchi duraturi il pianista livornese - da una propria orchestra nello splasc(h) "Bitter Cake Walk" del 1996, a un recente trio del batterista  Marco Castiglioni ("Distanze" su music center) di cui era protagonista - ma solo ora giunge alla trova solitaria. AvendoLa registrata nello stesso istituto  musicale in cui da tempo insegna, VIEn facile dire che dall'esame il maestro esce a pieni voti. Molto articolati I temi. Quattro sono presi in prestito e ben  interpretati: il delizioso "Dream Clock" di Zawinul, "A Salty Dog" dei Procol Harum, l'eterno "stella by Starlight", l'ebraico "Oifn Pripitchik". Ma  l'aspetto più interessante è quello del musicista insieme progettista ed esecutore. Grossi va a cercare varie fonti culturali anche nei sei brani totalmente  "suoi", dal corposo "Tristaura" (Lennie Tristano più Laura) ha raffinato "Bartox" (Bartok ovviamente), da "Trinidad" (sfumature latin jazz) a "Labios de Flores" (omaggio ad un poeta argentino). Colori è un disco che regala sensazioni perchè a Grossi molto è concesso anche dalla bravura tecnica: di impasti  "orchestrali", la velocità a volte travolgente, fino alla capacità di dare veste musicale ai ricordi (inverno 1971).
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Colori
Mauro Grossi | Philology - distr. IRD (2008)
Jazzit 47 - luglio/agosto 2008

di Valentino Casali

l'ultimo disco di Mauro Grossi è una sincera rivelazione di se, della sua cultura, dei suoi polmorfi trascorsi. Il musicista livornese esplora con il solo  pianoforte il proprio mondo espressivo interiore senza chiudersi in se stesso, portando la musica a livelli di libertà quasi definitivi. La tecnica limpida e  il controllo dinamico gli consentono di tracciare linee melodiche nitide come scie luminose su uno sfondo di volta in volta regolare o frastagliato, aspro o  rassicurante. Che sia uno spunto Bartokiano, un canto yiddish o l'omaggio a Tristano giocato sullo spiazzante contrasto fra gli acuti cluster degli accordi e  l'inusuale e autoritario walking bass della sinistra, Grossi è capace di rendere ogniuno dei suoi molteplici riferimenti coerentemente funzionale alla  propria estetica. La sua capacità di integrazione fa rivivere sul solo pianoforte un brano nato dalla penna elettrica di Joe Zawinul "Dream Clock" in cui il  suono e l'intensità assumono tinte Jarrettiane per densità emotiva e peso conferito alle singole. "colori" è un disco onesto ed elegante che indaga nel  profondo gli stili, la poesia dei temi, le possibilità melodiche, senza cadere nella trappola dello stucchevole o dell'autocelebrazione. Piacevolissima  sorpresa per chi, per usare una frase dello stesso Grossi, si aspetta il Jazz e trova solo della musica.
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Colori
Mauro Grossi | Philology - distr. IRD (2008)
Alias n°35 (pag 16) - Il Manifesto - 6 set 2008

di Luigi Onori

Un arcobaleno di suoni viene fuori da questo lavoro del pianista compositore e didatta toscano. Grossi meriterebbe una visibilità ben più ampia e lo si  apprezza come creatore di musica a tutto tondo. Quale interprete sa dare una profondità inconsueta A Salty Dog (Procol Harum) lavorare sulle armonie di  stella by Starlight e sulle maledie yiddish di "Oifn Pripitchik" nonché restituire la dimensione Sinfonica di Zawinul in "Dream Clock". Altro tratto  caratterizzante è la padronanza sia del linguaggio Jazz che della musica europea novecentesca; "Tristaura" e "Bartox" ne sono vivida testimonianza ma la  capacità di connettere - con rigore e creatività - più mondi sonori si amplia ad altri campi. in "Trinidad"c'è una sintesi tra elementi meta  clavicembalistici settecenteschi e il Jazz latino. Un album di jazz contemporaneo europeo che traccia le linee di grande interesse rispetto al passato,  presente, futuro.
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Colori
Mauro Grossi | Philology - distr. IRD (2008)
All About Jazz

di Neri Pollastri

Pianista, compositore e arrangiatore esperto e apprezzatissimo dai colleghi, il livornese Mauro Grossi non è forse noto al grande pubblico quanto  meriterebbe, nonostante la lunga carriera, le molte collaborazioni e un trio, con Attilio Zanchi e Marco Castiglioni, molto apprezzato. Con questo Colori affronta per la prima volta il piano solo, al momento giusto - come scrive nelle note di  copertina - cioè in piena maturità artistica. E, ascoltando lo splendido risultato, non si può che dargli ragione. Il CD include per gran parte brani originali, sovente ricchi di riferimenti, e quattro omaggi: al pop dei Procul Harum, alla musica hiddish, al jazz  “classico” e a quello elettrico dei Weather Report. In tutti i casi, però, quel che spicca è lo stile austero e sofisticato, tecnicamente ricchissimo ed  espressivamente intenso di Grossi, che rilegge ogni passo frugandovi all’interno e scoprendo cose ogni volta nuove. È difficile descrivere il modo in cui il pianista riesce ad ottenere questo risultato. Certo, alcune modalità emergono all’ascolto: ad esempio, la sua  capacità di differenziare in modo netto il lavoro delle due mani, facendo risuonare profondamente i bassi, spicca in “Tristaura” (straordinaria ricerca sulle  note di “Laura”, dedicata a Lennie Tristano); la maestria nel mescolare stilemi emerge nell'incredibile “Trinidad”, dove forme proprie del clavicembalo si  sposano al latin jazz; la facilità di recuperare elementi classici nelle improvvisazioni è esaltata in “Bartox”, ma anche nella malinconica “Inverno 1971”  (che però si conclude con una citazione di “Homburg”, ancora dai Procul Harum). Ma tutto ciò è solo parte di quel che Grossi riesce ad immettere in questo disco e a trasmettere a chi lo ascolti. Qualcosa che si potrebbe definire come  perfezione formale che comunica emozione. Qualcosa che fa di questo disco uno dei migliori di tutto il 2008 e lo rende imperdibile.

http://italia.allaboutjazz.com/php/article.php?id=3287
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L'Amico del Vento
Stefano Cantini with Rita Marcotulli
All About Jazz

by John Kelman

... L’Amico del Vento is saxophonist Stefano Cantini’s date-along with pianist Rita Marcotulli-it’s equally Mauro Grossi’s album. Grossi, a fine pianist in his own right, is the silent partner here, contributing arrangements to a recording that also features bassist Raffaelo Pareti and the Arké String Project...
...Things never stray far from a delicate sound, but there are revealing moments of surprise scattered throughout. Marcotulli’s solo feature, “Interludo,” begins gently enough, alluding to the changes of the title track; but towards the end it breaks briefly into a tense passage where she layers cascading lines, contrasting vividly with Grossi’s bittersweet ballad “Nanda (Goes On).” But overall this is an easygoing affair that’s meant to soothe rather thanchallenge. Pareti’s “Waltz for Nana” is one of two more referentially “jazz” pieces on the session, with a gentle swing that’s more implied than directly stated by Pareti and Marcotulli... Dave Brubeck’s “In Your Own Sweet Way”-another Cantini/Marcotulli
duet-closes the album and, along with “Waltz for Nana,” best demonstrates their appreciation of the jazz tradition on an album that makes a strong case for blending it with a suggestively impressionistic European approach. Evocative without being demanding, L’Amico del Vento succeeds in creating a warm and inviting place that manages to work on multiple levels....

http://www.allaboutjazz.com/php/article.php?id=19888
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